IMPROVVISAZIONE IN CUCINA?

Improvvisare per non sprecare

 
 

Non serve trovarsi unicamente in situazioni di catastrofe o emergenza per improvvisare. 

 

Così ha dichiarato Ludovica Leone, Direttore scientifico del Global MBA in Food e Wine in un articolo dedicato all’Improvvisazione e management. 

Partiamo da questa frase.

A chi mastica il linguaggio e le dinamiche dell’improvvisazione teatrale, il legame con la cucina non lascerà esterrefatto. La cucina è infatti da considerarsi oggi più che mai come una vera e propria forma d’arte. 

Se un tempo il cibo godeva di scarsa considerazione -  soprattutto nella scienza e nella filosofia regnava la consapevolezza che questo fosse solo un bisogno primario, disancorato dal piacere del gusto - l’attenzione e l’importanza che invece negli ultimi decenni si è data alla cucina hanno completamente ribaltato lo scenario. 

A questo proposito Massimo Bottura, uno dei migliori chef stellati al mondo, ha sostenuto che oggi «la cucina è “responsabilità” perché nei suoi piatti veicola messaggi come l’arte, e deve assumersi le responsabilità delle conseguenze». 

Teniamo a mente anche questa frase. 

Dallo studio svolto su un gruppo composto da 27 chef - al momento dell’intervista 3 avevano 3 stelle Michelin, 10 2 stelle, 10 una stella e 4 nessuna stella - è emerso che questi si cimentano spesso in quattro tipi di improvvisazione: improvvisazione su richiesta, improvvisazione spontanea creativa, improvvisazione per emergenza e improvvisazione organizzata. Tutte e quattro meriterebbero un approfondimento ma concentriamoci sull’ultimo tipo: per quanto possa sembrare apparentemente un controsenso, l’improvvisazione organizzata si verifica spesso nell’alta cucina in due situazioni: 1. quando i cuochi hanno già deciso che alcune azioni della giornata saranno improvvisate come la creazione degli amuse bouche (il benvenuto della cucina), dei pre-dessert o dei piatti fuori carta. 2. quando i cuochi hanno già deciso come gestire sul momento un’improvvisazione potenziale, in modo da evitare la difficoltà generata da sfide inattese. 

Tutto ciò non crea smarrimento in cucina, non rende meno vero un piatto ma risponde alla regola della ‘pianificazione strategica’. Siamo infatti soliti identificare l’improvvisazione come un comportamento estemporaneo o la via di uscita in situazioni difficoltose. Improvvisare invece, in questo scenario come in tanti altri, significa creare opportunità ma anche… sprecare meno cibo! 

Secondo alcuni dati delle Nazioni Unite ogni anno finisce nella spazzatura oltre un miliardo di tonnellate di cibo mentre 800 milioni di persone soffrono la fame. Eppure, secondo lo chef Bottura e altri quattro chef provenienti da Europa, Canada, Messico e Giappone, un modo per non sprecare e buttare via il cibo c’è, basta conoscerlo. Da qui i progetti ‘Why Waste?’ e ‘Food for Soul’, progetto di inclusione sociale che accoglie nei refettori chi è in difficoltà.

Immagina ora di trovarti davanti al tuo frigorifero. Ci sono il latte aperto da tre giorni, due gambi di sedano che stanno appassendo, qualche oliva denocciolata, un pomodoro, una melanzana e una busta di prosciutto crudo. I più pigri penseranno “Bella, non ho niente, mi ordino una pizza”, rischiando dunque di fare andare a male questo poco cibo che piange al freddo, in frigo. I più fantasiosi invece potrebbero pensare di unire in una padella la melanzana, il  sedano, il pomodoro e le olive, e di surgelare il latte (ebbene sì, si può congelare, parola di Bottura) per comporre un piatto nuovo, mai provato, totalmente improvvisato. Il risultato potrebbe essere tanto spettacolare quanto disgustoso, ma perché non rischiare?

Non aspettare allora l’emergenza per improvvisare. Assumiti la responsabilità del rischio  di provare cose nuove e soprattutto quella della riduzione dello spreco. 

 

E buon appetito!

 

di Giulia Donnarumma

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